UNGHERESE

a cura di: Zsuzsanna Fábián

Profilo

La lingua ungherese è una lingua di origine ugrofinnica appartenente al ramo ugrico della famiglia estesa geograficamente dalla Siberia all’Europa Settentrionale e Centrale. Le lingue più vicine all’ungherese (rientranti ambedue al gruppo delle lingue obugriche) sono il vogulo/mansi e l’ostiaco/hanti, i cui parlanti vivono nella Siberia Nord-occidentale. Membri europei nordici della stessa grande famiglia sono oggi il finnico, l’estone e il lappone.
L’ungherese è attualmente la lingua della famiglia ugrofinnica con il maggior numero di parlanti (cc. 9,8 milioni nella Repubblica Ungherese e cc. 14 milioni in tutto il mondo). In Europa è parlata anche nelle zone limitrofe ai confini ungheresi, appartenute fino al 1920 all’Ungheria.
Le caratteristiche tipiche della lingua ungherese, riassunte in questo paragrafo, saranno presentate in base a saggi sull’ungherese in lingua italiana (Várady 1931, P. Fábián 1970, Tóth 1974, Rózsavölgyi-Zanetel Katrib 1992, Foresto 2007, Driussi 2012).
Quanto alla tipologia, l’ungherese appartiene alle lingue agglutinanti; perciò la flessione si realizza per aggiunta di suffissi, con cui si esprimono i casi grammaticali (ház: házban ‘in casa’).
Nella scrittura si usa l’alfabeto latino (che ha lentamente sostituito, a partire dagli scritti ufficiali, l’antica “scrittura a tacche” usata ancora nei secc. 16-17 negli scritti non ufficiali). L’alfabeto ungherese è composto da 40 lettere che corrispondono a 39 fonemi, a cui vanno aggiunti i segni q, w, x, y (presenti in forestierismi). All’interno dell’alfabeto ci sono 8 digrammi (cs, dz, ny ecc.) e un trigramma (dzs), da pronunciare come un singolo suono. La pronuncia segue la scrittura (“si legge come si scrive”), a eccezione dei nessi consonantici dove intervengono assimilazioni.
L’ungherese è caratterizzata dalla “armonia vocalica”, cioè dalla presenza in una parola di vocali di un solo tipo (anteriori o posteriori), non mancano però eccezioni (es. virág ‘fiore’ ecc.). Questa regola vige anche nel caso della suffissazione (es. ház ‘casa’– házban ‘in casa’ e non *házben. (Le parole “miste” prendono il suffisso con la vocale velare.)
L’opposizione tra coppie di vocali aperte e chiuse ha valore semantico distintivo solo nel caso delle varianti della [e] breve (ma unicamente in certi dialetti). Caratteristica dell’ungh. è l’assai frequente vocale scritta a [IPA: ɒ o ɑ], percepita come “particolare” dai parlanti delle lingue indoeuropee.
Nelle (singole) parole di una frase l’accento tonico (senza essere segnalato graficamente) è fisso: cade sempre sulla prima sillaba, mentre gli apparenti accenti grafici (rappresentati sempre come “acuti”) non indicano tonicità ma quantità (= lunghezza) vocalica.
Manca il concetto (e quindi l’espressione) del genere grammaticale: esiste solo un “genere lessicale” nel caso delle parole che indicano esseri viventi (barát ‘amico’ ~ barátnő ‘amica’: nő ‘femmina’). Nell’identificazione di una persona si usa mettere prima il cognome e poi il nome.
Il verbo transitivo prevede due coniugazioni: “soggettiva” ed “oggettiva”: quest’ultima si adopera nel caso di un complemento oggetto determinato (es. látok ‘vedo’, látom a házat ‘vedo la casa’).
Esiste un solo tempo passato; le diverse relazioni o sfumature temporali sono espresse con l’aggiunta di avverbi o con perifrasi. I verbi possono essere prefissati, generando così modificazione del significato (megy ‘andare’, bemegy ‘andare dentro, entrare’).
Accanto e in sostituzione dei suffissi di caso hanno un ruolo importante anche le “posposizioni” (ungh. névutó; p.es. ház – a ház alatt ‘sotto la casa’).
Dalla posizione geografica dell’Ungheria nel Bacino dei Carpazi consegue uno stretto contatto dell’ungherese con le lingue circostanti, ossia le lingue slave, germaniche e neolatine. La convivenza più che millenaria con tali lingue ha lasciato ovviamente le sue tracce anche nel campo del lessico: oltre che di termini latini (il latino rimase “lingua ufficiale” in Ungheria fino a metà Ottocento), l’ungherese si è arricchito di molte parole di origine slava e (non secondariamente a causa della lunga unione storico-politica dell’Ungheria con l’Austria) tedesca, anzi il tedesco fungeva spesso da tramite per prestiti da altre lingue europee (come il francese o l’italiano). – Nella storia della lingua ungherese è di grande importanza il periodo (1770-1872) del cosiddetto “rinnovamento della lingua” (ungh. nyelvújítás), quando personaggi eminenti (filologi, scienziati ecc., tra cui Gy. Bessenyei, F. Kazinczy) capeggiarono un movimento nazionale per la modernizzazione soprattutto del lessico della propria lingua, tramite la sostituzione dei termini scientifici e dei mestieri tedeschi e latini con neologismi ungheresi (v. Gheno 1987).
La lingua ungherese si articola in dialetti con particolari tratti fonetici e lessicali, che però non ostacolano la comprensione reciproca.
Le prime testimonianze scritte dell’ungherese sono costituite dai frammenti (contenuti in un testo latino) dell’“Atto di fondazione dell’Abbazia di Tihany” (a. 1055) e dal brano (cc. 190 parole) in ungherese del “Discorso funebre” (a. 1192?/1195?). Risale al sec. XIIIo la prima completa poesia (o preghiera) composta in antico ungherese dal titolo “Lamento di Maria” . La prima opera a stampa (Chronica Hungarorum) uscì a Buda, nel 1473; il primo libro edito in lingua ungherese (Epistole di San Paolo) apparve nel 1533 a Cracovia.

Situazione

L’attività lessicografica si inserisce organicamente nelle tendenze europee. Il primo vocabolario in cui compare anche l’ungherese consiste in un’opera (con capitoli tematici) in cinque lingue (tra cui l’italiano) pubblicata da Gábor Pesti a Vienna nel 1538. Il vocabolario bilingue più precoce è la coppia ungherese-latino e latino-ungherese di Albert Szenczi-Molnár (Norimberga, 1604). Sono stati elaborati dizionari dell’ungherese di ogni tipo, e – visto il relativo isolamento della lingua – anche il numero dei dizionari bilingui è notevole.
La pubblicazione dei moderni dizionari di italiano e ungherese (su cui v. Zs. Fábián 1990) inizia nella Fiume “ungherese”, dove insegnava tra gli altri S. Kőrösi, l’autore del primo “grande” vocabolario italiano–ungherese in due volumi (Kőrösi 1912), seguito poi da quello di Gy. Herczeg (1959, 1978). È del 1963 il primo grande vocabolario ungh–it. redatto sotto la guida di J. Koltay-Kastner. Oggi sono accessibili vari tipi di vocabolari bilingui di italiano e ungherese (p.es. tecnico, economico, turistico, illustrato, ecc.), manca però tuttora un moderno dizionario giuridico.

Metodo

Nella linguistica ungherese la raccolta e lo studio degli italianismi ha una lunga tradizione (v. Karinthy 1947 riguardo a L. Toppeltinus e Éder 1978 riguardo a J. Benkő) che si prolunga a tutt’oggi, da una parte con lo studio e la critica dell’opera dei predecessori (tra cui spiccano i nomi di S. Kőrösi, F. Karinthy), dall’altra con l’approfondimento critico in numerosi studi e tesi di laurea su singole parole o campi tematici (v. N. Benedek, L. Benkő, Z. Éder, P. Fábián, L. Hadrovics, M. Fogarasi, G.B. Pellegrini), e con la registrazione degli “ultimi arrivi”, assai frequenti nell’era dell’“Europa Unita”. Anche i dizionari etimologico-storici (TESz, EWUng, Nszt , ÚESz) contengono lemmi dettagliati su parole di origine italiana. Inoltre, in Ungheria ha una lunga tradizione il genere del “dizionario dei forestierismi” (v. Bakos, Osiris, Tótfalusi). Attraverso lo spoglio delle fondamentali opere di riferimento è nato il dizionario degli italianismi nell’ungherese di Fábián–Szabó (2010).

Valutazione

Il numero degli italianismi nell’ungherese inseriti in OIM si aggira sulle 1100 parole.
Italianismi sono entrati nell’ungherese in tutti i secoli, fatto che testimonia la continuità dei rapporti politici-culturali-commerciali. I campi più coinvolti riguardano la musica e l’arte, l’architettura, la vita militare, il commercio e le finanze, la gastronomia.
Un cospicuo numero di italianismi proviene dai dialetti del Nord, il che attesta l’ininterrotta circolazione di persone e di idee tra le aree nord-italiane e il Bacino dei Carpazi. L’impronta dei dialetti settentrionali si nota prima di tutto nell’adattamento di certe consonanti o nell’apocope di determinate vocali (es. spagnolo – spanyol). Sono numerose pure le mutuazioni attraverso le zone linguistiche slave e – come accennato – tedesche.

Corrispondenze

L’accento cade, anche negli italianismi assimilati, sempre sulla prima sillaba. Il suono segnalato nell’italiano dal grafema a può diventare [a] o [ɒ], fonemi contrassegnati nell’ungh. risp. dalle lettere á o a; la -o finale (breve nell’it.) diventa regolarmente lunga in ungherese (es. motto - mottó).